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E’ qui la festa!, per un nuovo prete

La diocesi accoglie un nuovo sacerdote. E altri ne verranno, con la preghiera e la vicinanza a tutti i preti

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Campane a festa l’8 e il 9 giugno nella nostra Chiesa di Anagni-Alatri, per l’ordinazione e la prima Messa di Rosario Vitagliano. Perché è festa – autentica, coinvolgente, gioiosa – ogni volta che un giovane accetta di donarsi per sempre al Signore, di mettersi a disposizione del prossimo. E non è solo una “cosa da preti”: visto come vanno le cose, dovremmo (dobbiamo!) essere soprattutto noi laici a gioire per un dono del genere, perché spesso – soprattutto quando ne abbiamo bisogno – facciamo fatica a trovare quella figura di riferimento che solo un sacerdote sa essere. <Sacerdoti santi>, come ripetevano le nostre nonne nelle giaculatorie; e come sono nel 99,9% dei casi. Anche se poi “la gente” si ferma maldestramente allo scandalo dato dallo 0,1%. Ma non è neppure questo il dato importante, come pure non è questione di numeri; certo, il calo delle vocazioni è reale, però l’inversione di tendenza può partire solo da noi: con la preghiera e con la vicinanza ai nostri sacerdoti (invece di star lì con il dito puntato se ritarda 5 minuti, se non risponde al telefono, se la processione passa in quella strada piuttosto che sotto casa nostra, ecc ecc).

Nella nostra diocesi la pastorale vocazionale da qualche tempo, per volere del vescovo Lorenzo Loppa, è stata unita a quella giovanile e i frutti, ne siamo certi, presto arriveranno, anche se il contesto generale non è facile: i giovani (come rimarcato dal responsabile di questa pastorale, don Luca Fanfarillo, in un servizio apparso di recente sulla pagina diocesana di Avvenire) hanno altri interessi ed è difficile farli fermare a riflettere; anche le famiglie oggi sono alle prese con mille altri problemi e figuriamoci se un giovane può crescere in santità tra le mura domestiche. Eppure, il padrone della messe continuerà a mandare operai nella Sua messe. Come Rosario, come Antonello che si prepara, come tutti i don che verranno.

In ricordo di un Amico

Ieri sono stato ad un convegno sulla santità laicale: figure straordinarie di giovani, di studenti, di mamme, papà e professionisti che hanno santificato il loro vivere, nella quotidianità. Mentre i relatori parlavano, a me ogni tanto (spesso…) tornava in mente la figura del mio amico Gianni Astrei, a 10 anni esatti dalla nascita al Cielo. E pensavo: la santità della porta accanto, come dice papa Francesco, è proprio quella che ha vissuto Gianni. Sposo e padre esemplare, professionista come pochi altri, a me aveva fatto il dono dell’Amicizia. E solo lui sapeva donarla, senza nulla chiedere e tanto meno pretendere.

Per un periodo – purtroppo breve ma davvero intenso – ci siamo frequentati, tra la preparazione del primo Fiuggi Family Festival e la presentazione di alcuni libri. Ma era nei momenti “ordinari” che Gianni lasciava esplodere tutto il Bene che aveva dentro: se gli chiedevi un consiglio sui rapporti con tuo figlio, lui c’era; per un’emergenza lavorativa, sapeva come aiutarti; perfino in vista di una consultazione elettorale – lui che della Politica aveva fatto davvero un Servizio – riusciva a trovare la direzione giusta. La bussola che aveva, d’altro canto, era quella dell’Amore, la sola che non smarrisce mai la strada.

Potrei raccontare decine di episodi, ma il groppo in gola, ancora oggi, 10 anni dopo, è di quelli che non ti fanno andare avanti. E comunque, l’immagine che più mi torna in mente è quella che non ho visto, ma che sento vicina più di ogni altra: mi hanno raccontato che, mentre giaceva in fondo a quel crepaccio, con le ultime forze che gli restavano, Gianni chiese ad un parente, al telefonino, di recitare insieme il Rosario: nella tristezza, mi consola il fatto che sarà entrato in Paradiso accompagnato direttamente dalla Madre Celeste.

Quel bimbo morto nel traffico e l’altro silenzio (che fa male)

Nei giorni scorsi sono rimasto molto colpito dalla vicenda del bambino morto a Roma, con l’auto della mamma intrappolata nel traffico, mentre intorno sfrecciavano i bolidi di una corsa.  Di getto, ho scritto una lettera al Direttore di Avvenire, pubblicata ieri. Questo è il testo:

Caro Direttore,

venerdì 11 aprile: come ogni giorno, di buon mattino, leggo il nostro giornale. Ma stavolta mi inchiodo a pagina 2 e alla riflessione di Daniele Mencarelli sul bambino di 11 anni morto a Roma Eur per una crisi d’asma, ma con la mamma e i soccorsi imbottigliati nel traffico quotidiano, stavolta appesantito dai divieti per una gara automobilistica.

“Il necessario silenzio per quel bambino morto” recita il titolo: questo pensiero mi accompagna per tutto il giorno e cerco di tramutare quel silenzio nella mia povera preghiera. Cristianamente mi rivolgo a quell’Angelo in più ora in Cielo, umanamente non riesco a darmi pace.

Poi, la sera, guardo il Tg1 delle 20 e, nelle battute iniziali e poi verso la fine, passano addirittura due servizi (non giudico l’operato di colleghi, ci mancherebbe, ma l’enfasi mi pare davvero eccessiva) su quella gara automobilistica di Formula E.

Il secondo servizio è un report sportivo, con tanto di intervista al campione Felipe Massa. Nel primo servizio invece, c’è il vicepresidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio che loda l’iniziativa della gara, tutto contento accanto ad uno di quei bolidi. Per quel bambino di 11 anni, invece, neppure un pensiero, o una parola di conforto per quella madre che l’ha visto morire sotto i suoi occhi. Ed è un silenzio, questo, per niente necessario e che fa male.

Missione, casa nostra

L’editoriale del numero di marzo 2019 di “Anagni-Alatri Uno”, mensile della diocesi.

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Una Chiesa o è missionaria o non è. Non ricordo l’autore di una tale affermazione, molto perentoria ma, forse, neppure esatta fino in fondo, perché una Chiesa – intesa come comunità di credenti – è tante altre “cose”. E tutte insieme, con un valore mai disgiunto dall’altro. Ma senza dubbio la missionarietà è centrale in ogni impegno di fede. E allora la nostra Chiesa di Anagni-Alatri è davvero “al centro”, come dimostra quanto accaduto pochi giorni fa in Etiopia, con la benedizione di una chiesa dedicata alla Santissima Trinità, laddove presta servizio pastorale don Peppe Ghirelli, sacerdote fidei donum di questa diocesi, inviato tra i fratelli d’Africa. In quella terra tra le più povere della povera Etiopia, don Alberto Ponzi, don Francesco Frusone e don Pierluigi Nardi (come raccontiamo da pagina 4) non hanno portato solo una bella maiolica con l’immagine della Trinità, ma tutta la vicinanza di questa Chiesa di Anagni-Alatri, che proseguirà anche al ritorno in Italia, tra qualche mese, di don Peppe, e che trova un’altra pratica vicinanza destinando a quella Chiesa le offerte della nostra Quaresima di carità.

Una Quaresima, come sottolinea il vescovo Lorenzo Loppa nella lettera ai fedeli che pubblichiamo alle pagine 2 e 3, che deve essere <segno sacramentale della nostra conversione>, perché <ci aiuti a “fare Pasqua”, a restituire piena luce al nostro volto e al nostro cuore. Cosicché potremo coinvolgere tutta la creazione a uscire “dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria da figli di Dio. Dal “travaglio” e dalla Pasqua del nostro cuore alla Pasqua di tutto il creato. Gli elementi di questo catecumenato spirituale, che fa brillare di più la nostra responsabilità di battezzati e trasfigura la nostra esistenza, sono: il digiuno, la preghiera e l’elemosina>.

Ecco dunque l’ulteriore invito per prepararci al meglio a questa Pasqua: arrivare all’elemosina – e dunque alla carità che è una delle più grandi espressioni della missionarietà – passando anche attraverso <il digiuno, per provare – ricorda ancora il vescovo Loppa – la fame di Dio in solidarietà con gli altri e per superare la tentazione di “divorare” tutto cedendo ai propri appetiti>. E attraverso <la preghiera, per imparare il mondo secondo Dio, rinunciando al nostro io per crescere nella coscienza di figli e figlie, fratelli e sorelle>.

Un Libro sull’isola deserta (bussate e vi sarà aperto)

Ogni tanto torna di moda quel giochetto-domanda: <Se dovessi andare su un’isola deserta potendo portare un solo libro, quale sceglieresti?>

Io porterei con me la Bibbia, il Libro dei libri. E se mi domandassero ancora: <E se di quel libro potessi portare una sola pagina, quale sceglieresti?>.

Probabilmente quella del Van gelo di oggi, da Matteo 7, 7-12:

<In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti>