Quel bimbo morto nel traffico e l’altro silenzio (che fa male)

Nei giorni scorsi sono rimasto molto colpito dalla vicenda del bambino morto a Roma, con l’auto della mamma intrappolata nel traffico, mentre intorno sfrecciavano i bolidi di una corsa.  Di getto, ho scritto una lettera al Direttore di Avvenire, pubblicata ieri. Questo è il testo:

Caro Direttore,

venerdì 11 aprile: come ogni giorno, di buon mattino, leggo il nostro giornale. Ma stavolta mi inchiodo a pagina 2 e alla riflessione di Daniele Mencarelli sul bambino di 11 anni morto a Roma Eur per una crisi d’asma, ma con la mamma e i soccorsi imbottigliati nel traffico quotidiano, stavolta appesantito dai divieti per una gara automobilistica.

“Il necessario silenzio per quel bambino morto” recita il titolo: questo pensiero mi accompagna per tutto il giorno e cerco di tramutare quel silenzio nella mia povera preghiera. Cristianamente mi rivolgo a quell’Angelo in più ora in Cielo, umanamente non riesco a darmi pace.

Poi, la sera, guardo il Tg1 delle 20 e, nelle battute iniziali e poi verso la fine, passano addirittura due servizi (non giudico l’operato di colleghi, ci mancherebbe, ma l’enfasi mi pare davvero eccessiva) su quella gara automobilistica di Formula E.

Il secondo servizio è un report sportivo, con tanto di intervista al campione Felipe Massa. Nel primo servizio invece, c’è il vicepresidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio che loda l’iniziativa della gara, tutto contento accanto ad uno di quei bolidi. Per quel bambino di 11 anni, invece, neppure un pensiero, o una parola di conforto per quella madre che l’ha visto morire sotto i suoi occhi. Ed è un silenzio, questo, per niente necessario e che fa male.

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