di questa Quaresima –
E’ al tramonto del sole che il giorno ti chiede un bilancio. Proprio quando avresti però bisogno di un altro po’ di sole.
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di questa Quaresima –
Probabilmente è “L’eterno riposo” la preghiera che, da bambini, si impara più tardi. Perché l’Ave Maria è un dono delle nonne, prima ancora mamme; l’Angelo di Dio un sussurro delle mamme, nei lettini ancora profumati di infanzia; il Padre nostro è un lascito delle prime Messe, anche di quelle che si andava per continuare a fare il filo alle ragazzette.
L’Eterno riposo no: lo abbiamo imparato da soli, spesso a spese nostre, davanti al legno silenzioso di una bara. Adesso, invece, quante volte la ripetiamo? Forse troppe, Signore (è anche questa è una preghiera).
di questa Quaresima –
La guardo ancora una volta, anche perché, digiuno come sono di astronomia, è l’unica stella che ri-conosco lassù in cielo: la stella polare.
E subito, in automatico, mi parte il ritornello di quella canzone cantata non so quante volte in Chiesa: “la stella polare Tu, la stella sicura Tu, al centro del mio cuore ci sei solo Tu…”. E penso di aver smarrito proprio quello: il centro del cuore, la stella polare.
di questa Quaresima –
Ci sono parole che sappiamo appena dire, magari snocciolare per fare sfoggio di una cultura che non c’è. Poi, quando ci planano dentro, ne restiamo estasiati e vorremmo averle conosciute da sempre, perché sentiamo che possono cambiarci in meglio. Ma poi stentiamo a riconoscerle, perché oramai fanno parte di noi. Prendiamo “accidia”.
Stamattina ne ha parlato papa Francesco, tratteggiando nell’omelia il dialogo tra Gesù e il malato presso la piscina di Betzatà. Quest’ultimo, ha detto il pontefice <era malato nel cuore, era malato nell’anima, era malato di pessimismo, era malato di tristezza, era malato di accidia>. E il suo peccato era <di sopravvivere e lamentarsi della vita degli altri: il peccato della tristezza che è il seme del diavolo, di quella incapacità di prendere una decisione sulla propria vita, di guardare la vita degli altri per lamentarsi. Mi fa pensare a tanti di noi, a tanti cristiani che vivono questo stato di accidia, incapaci di fare qualcosa ma lamentandosi di tutto>.
Ecco perché stentiamo a riconoscere questo nostro peccato, così moderno, che si chiama accidia.
Di questa Quaresima –
Una Poesia in prima pagina: roba straordinaria, praticamente inedita, un’altra piccola grande “grazia” di questo tempo così difficile. L’iniziativa è del quotidiano Avvenire (e magari farà storia del giornalismo, come quando negli anni ’70 il Corriere della Sera decise di mettere in prima una notizia sull’aumento del prezzo delle bistecche, rompendo gli schemi dell’epoca), la Poesia è di Daniele Mencarelli, fine scrittore, eccelso poeta, una storia personale fatta di rinascita dopo l’abisso. Proprio la Storia che forse un Poeta ha in serbo anche per noi…
Ps: nella mia foto, la poesia non si legge per intero, ma la trovate – e la potete anche sentire – sul sito www.avvenire.it
Di questa Quaresima –
Questa foto l’ho scattata oggi, a pochi metri da casa. Il roveto sta sempre lì, ovviamente immobile, ma per davvero: non si colora mai, a parte qualche mora quando è stagione subito còlta da mano di bambini; al massimo rinsecchisce ancora di più, oppure si bagna di piogge e temporali, con qualche lieve tremolìo quando il vento soffia forte. Anche le lucertole si riparano lì giusto se uno le sorprende sull’asfalto vicino, ma subito dopo vanno altrove, oltre, dove c’è verde e muretti al sole.
Così sono io, siamo noi: roveti che non ardono mai.