Archivi categoria: Povera voce

Avvento/1 – Non è il tempo della fretta

E’ tardi, ho da fare (abbiamo sempre da fare), ma il pensiero corre veloce alla Giornata pro orantibus, voluta dalla Chiesa per le claustrali. Ma è tardi, ho fretta. E di fretta – sui social della diocesi di Anagni-Alatri per cui curo le comunicazioni sociali – metto giusto un post per ricordare la Giornata e invitare a pregare per loro. Clicco, va in Rete, ma ho fretta e non riesco a scrivere altro. In poche ore, però, quei post fanno oltre tremila “mi piace” – molto più di tanti articoli “pensati” –  con tanti pensieri, cuoricini, richieste e offerte di preghiere, di persone che sentono le monache di clausura vicine e che evidentemente hanno meno fretta di me. Che devo averne meno, perché l’Avvento non è il tempo della fretta.

(nella foto: la Badessa e una novizia del monastero Benedettino di Alatri)

La (mia) parabola del mezzo talento

“Ma chi te lo fa fare?”. Così mi dice un conoscente dopo che ho appena finito di presentare un libro, non mio, e aver organizzato la relativa manifestazione, comunque grazie anche ad altri amici. D’altro canto, si vede che sono stanco: sono in piedi da 14 ore, al mattino ho lavorato, poi le incombenze familiari, poi ancora le ultime cose da organizzare e la presentazione stessa. “Ma chi te lo fa fare?”: spesso me lo chiedo anch’io e mi riprometto: questa è l’ultima volta che faccio una cosa del genere. Anche perché “perdo” tanto tempo, più di qualche volta anche del denaro (quando organizzo io la remissione è certa, quando mi invitano per presentare non mi danno neanche un euro). E, oltre tutto, non ho il phisique du role e neppure conosco chissà quante cose. Certo, con alcuni Autori che ho presentato ora siamo amici, ed è bello; ma tanti altri, se li chiami neppure ti riconoscono, se mandi una mail neppure rispondono, anche se quel giorno, grazie alla tua presentazione, hanno venduto 50 o 100 libri. Però… però poi penso che magari ad una persona, ad una sola di quelle che era lì ad ascoltare, magari è rimasto qualcosa di quel libro, e siccome cerco di presentare solo libri “edificanti”, allora va bene così. E penso ancora alla mia parabola preferita, che è quella dei talenti. Io un talento vero non ce l’ho: so bene che mi fermo a mezzo talento, perché forse so un po’ scrivere, forse so un po’ leggere libri e poi forse ne so un po’ parlare alla gente. Ma il mio mezzo talento voglio che dia frutto, per essere fedele nel poco.

(immagine presa da www.padrestefanoliberti.com)

Chiara, (papa) Francesco e l’indispensabile allegria delle suore

Questa foto l’ho scattata (va be’, anche un po’…rubacchiata da lontano, per non farmi vedere) davanti alla chiesa di Santa Chiara, ad Assisi, dove oggi papa Francesco si è recato per salutare la comunità monastica, come fuori programma della sua visita a Santa Maria degli Angeli. Sono suore, giovani e no, italiane e straniere, allegre e divertite davanti ad una bancarella, forse attratte da un souvenir un po’ strano. E ci sta questa allegria – a far davvero più bella la vita – da parte di chi si è interamente consacrato al Signore e così ai poveri, agli ultimi, ai diseredati, ai nuovi poveri di oggi. A poche decine di metri da questa piazza, e da questo scatto, c’è la comunità monastica delle Clarisse, le monache di clausura che il Papa oggi ha voluto incontrare: anche loro – e lo so bene per aver visitato diversi monasteri – vivono dei momenti di gioia autentica, di allegria, fosse anche per rincorrere una palla nel chiostro o per una barzelletta che torna alla mente dopo anni di clausura (ma non di chiusura, perché le vere grate sono le nostre).

Ecco, senza le suore “attive” e quelle di vita contemplativa, la Chiesa sarebbe più povera. E non ce la farebbe a sorreggere quei poveri di cose “materiali” che oggi il Papa ha incontrato. E quei “nuovi poveri” – di spirito, di senso – che siamo un po’ tutti noi, e non solo quelli che non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese.

E comunque – per concludere queste povere note – Chiara e Francesco otto secoli fa, proprio in questi stessi luoghi di Assisi, io li immagino anche così: con tanti momenti di gioia. Quella che scaturisce dal cuore e che noi abbiamo smarrito nei meandri di cuori troppo indaffarati a occuparsi di tutto e di niente.