E’ morto un edicolante

E’ morto un edicolante. Si chiamava Mario, Mario Cicerchia. Vendeva giornali nella piazza principale di Alatri, nel cuore della mia Ciociaria. Non posso dire che fossimo amici, però devo anche a lui la passione per i giornali, sbocciata subito dopo aver imparato a leggere in prima elementare, grazie ai quotidiani e alle riviste portate a casa da papà. Una passione poi maturata con le lunghe estati da adolescente nella grande casa di nonna a Ceprano, dove c’erano non solo i settimanali di nonna Maria, ma anche i quotidiani presi dai miei zii Aldo e Tonino; in pratica li “sequestravo”, li leggevo dalla prima all’ultima pagina e qualche volta si arrabbiavano perché poi non sempre li trovavano più. Adesso posso confessarlo: li nascondevo, così quando andavano via potevo leggerli in santa pace, a voce alta e, con un bastone davanti come fosse un microfono, facevo finta di essere un inviato mentre declamavo i reportage. Un giorno – e forse avevo 12 o 13 anni – scrissi anche al direttore di un grande giornale per dirgli che dovevano prendermi e far scrivere me da Washington o da Mosca, perché non era giusto che tanti articoli li scrivesse solo un certo <r.e.>… ma come facevo allora a sapere che si trattava della sigla “redazione esteri”?

Vengo a Mario: le scuole superiori le ho frequentate ad Alatri, un’oretta scarsa di bus ogni giorno andata e ritorno dalla mia Frosinone. Maledivo eventuali ritardi perché temevo di non farcela a passare dal giornalaio, anche se poi la bidella già sapevo che avrebbe chiuso un occhio per 5 o 10 minuti. Perché ogni mattina la tappa fissa era in quella vecchia edicola, a consumare le mie paghette. I primi anni non osavo rivolgere la parola a quell’edicolante, a parte il nome del giornale da prendere, anche per tutta una serie di complessi legati in particolare alla mia estetica non eccelsa. Ma, se non ricordo male, dal terzo anno in poi diventammo come amici: gli chiedevo continuamente dei giornali, delle nuove uscite, e solo in quei pochi minuti non me ne importava niente dei miei complessi, degli sfottò dei compagni di scuola, anche perché lui mi stava a sentire.

Ma finite le superiori, come spesso accade, finì anche un ciclo della vita. Ad Alatri vado spesso ma sempre già giornale-munito, perché anche le abitudini cambiano e da decenni oramai ho l’edicola di riferimento del mio amico e compare Tonino. Nell’edicola di Mario sono capitato sempre più di rado e, negli ultimi tempi, credo una sola volta, nell’inverno di due anni fa o giù di lì, comunque a distanza di quasi 35 anni dai tempi delle superiori. Era domenica mattina presto e credo che Mario mi abbia riconosciuto quando sono entrato, o forse quando gli ho chiesto il quotidiano da prendere. Di certo mi ha riconosciuto, e l’ho capito da un lampo nei suoi occhi già un po’ stanchi, quando mi è venuto da chiedergli: <Allora, come vanno questi giornali?>. E si è messo a raccontare, come tanti anni fa.

(la foto, di Marilinda Figliozzi, l’ho presa dal profilo facebook dell’ottimo collega Massimiliano Pistilli e ritrae proprio Mario Cicerchia piccolino, strillone nella sua Alatri).

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