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David e Daniel ancora una volta insieme: palloncini e fiori bianchi per salutarli

Ancora una volta uno accanto all’altra David e Daniel, come sempre. Come nella cameretta di casa, compagni di gioco inseparabili. Come sui campetti dell’Ostiamare, a sognare un futuro da calciatori. Come domenica scorsa, su quel vialetto del comprensorio di Ardea, a sfidarsi di corsa con le bici, fino all’arrivo di Andrea Pignani con la pistola in pugno, fino a quei colpi mortali, a bruciapelo su corpi ancora troppo piccoli per difendersi, sui loro innocenti 5 e 10 anni. (…).

A Ostia i funerali dei due fratellini, con le toccanti parole del vescovo Gervasi nell’omelia: Oggi Gesù è venuto ad abbracciarli. Oggi su Avvenire.

 

Alfredino e quella tragedia che ha cambiato l’Italia

Quarant’anni fa la tragedia di Alfredino e la lezione che abbiamo imparato, con la nascita della Protezione civile ma anche della tv del dolore. Oggi su Avvenire la ricostruzione del lungo e farraginoso iter che portò proprio alla Protezione civile e un’intervista a Piero Badaloni, che per il Tg1 condusse le 60 ore di diretta da Vermicino.

Quando i giornali erano giornaloni

Su Avvenire di oggi, nella sua rubrica del sabato, Gianni Gennari ricorda padre Virginio Rotondi: per me un tuffo al cuore di una quarantina d’anni, quando i giornali erano giornaloni. In tutti i sensi erano giornaloni: per i contenuti (lì trovavi tutto, mica esisteva internet, e anche rispetto ai tg, limitati a pochi canali), per il formato. Già, erano grandi, enormi, quando li dispiegavi, non bastava il divano buono di casa o il tavolo della cucina. E amavo perdermi in quelle pagine. Allora – 40-45 anni fa – a casa entrava Il Tempo: lo leggeva papà, ma poi lo ritrovavo anche nelle lunghe estati a casa degli zii a Ceprano. Era un giornalone, davvero, anche e soprattutto per le firme. E io correvo a leggere – mi pare fosse a pagina 2 – la rubrica di padre Rotondi, “Così, semplicemente”. Un giorno, presa carta e penna, gli scrissi anche. Tanti anni dopo, ci incontrammo per caso, gli dissi di quella lettera e lui si ricordava bene di quel ragazzino che aveva scritto a mano; l’aveva anche messa in pagina, ma poi il giornale non uscì per uno sciopero; la lettera, mi disse, era piaciuta anche al direttore di allora – per me l’altrettanto mitico Gianni Letta – ma poi non riuscirono a pubblicarla perché presi da altre urgenze. Ma sono rimasto sempre grato a padre Rotondi per quell’attenzione. E a quei giornaloni, d’altri tempi, ma di un tempo per crescere.