? Tra…boni e cattivi | Pagina 105

Quei santi della porta accanto

 

“Santi della porta accanto” è il titolo di una bellissima mostra itinerante che da alcune settimane sta girando l’Italia, appassionando migliaia di giovani che si ritrovano proprio nei protagonisti della mostra: giovani come loro. L’iniziativa è stata ideata e curata da Gerolamo Fazzini, giornalista consulente di direzione per il settimanale “Credere” e il mensile “Jesus” e autore di vari libri tradotti anche all’estero (l’ultimo è “Francesco, il Papa delle prime volte”, con Stefano Femminis, Edizioni San Paolo).

E proprio a Fazzini ci siamo rivolti per saperne di più : <L’idea nasce dall’avvicinarsi del Sinodo dei vescovi sui giovani, ma anche dalla scoperta e riscoperta, insieme ad alcuni colleghi, di figure di giovani Beati o in odore di santità. Si tratta di 24 profili, alcuni abbastanza noti, come il giudice ragazzino Rosario Livatino, il piemontese Pier Giorgio Frassati o Carlo Acutis, altri invece poco conosciuti, come Marco Gallo, brianzolo, investito da un’auto, o la violinista Carlotta Nobile, morta di cancro>.

La mostra continua a ricevere prenotazioni da tutta Italia, ma i giovani che l’hanno già vista, cosa provano? <In genere – risponde Fazzini – restano colpiti dal fatto di trovare giovani come loro, vicini a loro, anche per un fatto anagrafico, visto che le storie sono anche di pochi anni fa. Quindi, vestiti come loro, con gli stessi interessi e aspettative, gli stessi hobby. Giovani che hanno fatto cose normali. Scatta quindi anche un moto di identificazione e alla fine li sentono come amici di sempre, santi della porta accanto>.

Tutte storie belle e importanti, ma ce n’è qualcuna che più delle altre ha toccato il curatore della mostra? <Direi due – fa sapere Fazzini – Quella di  suor Clare Crockett, nata nel 1982, missionaria irlandese in Ecuador, morta durante un terremoto nel 2016. La storia strepitosa di una ragazza che beveva, andava in discoteca, aveva anche la bellezza dalla sua, e poi diventa suora. Voleva diventare famosa, lei che già era una piccola star della tv inglese, ma lo diventa per altre strade. Lei che voleva fare l’attrice, adesso ha un film, dal titolo “O tutto o niente”, dedicato alla sua storia dalle consorelle Serve del Focolare della Madre. E poi c’è la storia di Carlotta Nobile, affermata violinista, colpita dal cancro e morta nel 2013, a soli 25 anni. La sua, di una giovane cresciuta in una famiglia atea, è una straordinaria storia di conversione, di una fede scoperta grazie a papa Francesco, dopo una lettera scritta al pontefice>.

La mostra presenta dunque storie di laici, ma anche di religiosi e, proprio in riferimento al Sinodo, è anche una storia di vocazioni. <Questo aspetto – conclude Fazzini – lo abbiamo di certo toccato ma non enfatizzato, perché la mostra parla a tutti, e a tutte le vocazioni, da quella al sacerdozio a quella matrimoniale>.

Realizzata in più copie e in varie modalità facilmente allestibili (in pratica ci sono 4 copie diverse, a 16 o 32 pannelli, adattabili a qualsiasi location) la mostra è a disposizione di parrocchie e realtà giovanili.   Per informazioni e prenotazioni: centroculturale.vicenza@stpauls.it telefoni 346.9633801 oppure 335.1448442

Quelli in croce sono altri, mica Ronaldo

I cristiani in croce sono quelli che vengono davvero crocifissi a motivo della loro fede, e ce ne sono a migliaia in tutto il mondo, ancora oggi e sempre di più.

E’ Asia Bibi, la mamma da 3.400 giorni in carcere in Pakistan perché cristiana e che ora rischia la condanna a morte.

E’ il “povero Cristo” senza la dignità di un lavoro e che non ce la fa a portare a casa neppure il necessario per un pasto al giorno, che non può regalare una rosa alla moglie o un giocattolo ai bambini neppure a Natale.

Lasciate perdere questi infantili giochi di parole, soprattutto se ritagliati su un signore non certo un preclaro esempio di moralità. E che grosso modo credo sappia come mettere insieme il pranzo con la cena.

I bastardi di Pizzotelevisione

Stasera in tv danno la seconda serie de “I bastardi di Pizzofalcone”. Per chi, come me, adora i polizieschi, dovrebbe essere un appuntamento irrinunciabile. E invece non la vedrò, coerentemente con il mio modo di essere e per rispetto dei Valori in cui credo.

Una delle parti preponderanti della serie, infatti, è il rapporto lesbico tra due donne, ostentato, spiattellato davanti ai telespettatori di ogni età (e convinzione), come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ma non lo è, nonostante tutte le forzature di un laicismo esasperato ed esasperante. Nonostante la lobby gay si sia oramai infilata dappertutto.

Lo so, non importerà (quasi) a nessuno, ma sarò lieto del fatto che l’auditel – posto che pure questo non sia in mano a qualche lobby, non si sa mai – registri uno spettatore in meno. E magari 2 o 3 o 10 o 100.

Ps: nella serie recita anche la mia concittadina Gioia Spaziani, che ebbi modo di iniziare a seguire professionalmente all’inizio delle sue esperienze, e sono lieto per lei. Ma la coerenza supera anche l’appartenenza e il nostro grande senso di “ciociarità”. Per cui: tv spenta.

 

 

 

A tavola con tutto il buono dell’Unitalsi

Ti riempiono il cuore solo a guardarli, i ragazzi disabili dell’Unitalsi. Se poi ti fermi a scherzare con loro, un fiume di allegria ti travolge. E i volontari Unitalsi ogni volta destano il torpore della tua piccolezza, e ti (ri)fanno capire quanto di buono c’è nel cuore degli uomini.

Oggi, a partire da una piccola storia della diocesi di Anagni-Alatri, provo a scriverne nella rubrica “Dulcis in fundo”, sull’ultima pagina di Avvenire.

Nei ricordi del cuore (chiacchierando con un eremita)

Le storie che prediligo (e che poi preferisco raccontare) sono quelle di persone che hanno una Storia. Questo pensiero mi viene ora, mentre scrivevo – perché infatti ho dovuto smettere per un po’ e buttar giù questo pensiero impellente – di un eremita. Solo gli uomini che hanno una Storia sono colmi di umanità. E io questo eremita (uno di quelli veri, che ha scelto di restare nel mondo, seppur staccandosi un po’ dal mondo, con la forza e il cordone ombelicale della preghiera) sarei stato ad ascoltarlo per ore. E in effetti a lungo – ma non per tutto il tempo che avrei desiderato – sono stato a sentirlo, tanto che di sicuro verrà difficile condensare tutto nelle 5/6mila battute richieste. Il resto lo conservo. E lo affido alla pagina, sempre un po’ bianca per fortuna, dei ricordi del cuore.

(la foto che ho scelto non ha nulla a che fare con l’eremita di cui parlo, ma è quella del santuario sui monti Lussari, sopra Tarvisio: quel giorno che ci sono andato a Messa, ho sentito un grande freddo attorno – eravamo in pratica tra due pareti ghiacciate – ma tanto caldo in fondo al cuore).