Archivi categoria: Povera voce

Quel mese missionario

Lo aspettavo con ansia, 11 mesi l’anno, l’ottobre mese missionario. A scuola – la bella scuola delle suore De Mattias – era tutto un fiorire di iniziative per noi bambini delle Elementari. Venivano i missionari a parlare dei bambini poveri in continenti sconosciuti ma che d’improvviso sentivi così vicini; le suore ci portavano nel grande refettorio per i filmini sulla vita di questo o quel santo missionario; i salvadanai sul davanzale della classe si riempivano presto di monetine frutto dei nostri piccoli risparmi (la rinuncia a un pacchetto di Brooklyn o a un Buondì Motta) e dopo qualche mese scriveva una suora missionaria per farci sapere che quei soldi erano arrivati e che laggiù in Africa i bambini come noi potevano finalmente avere una medicina, una lavagna sulla quale scrivere, un quaderno per i compiti.

Adesso nelle scuole (parlo di quelle orrendamente statalizzate e non solo statali) non c’è più traccia della povertà dei bambini d’Africa, ma solo di teoria gender, genitori 1 e 2.

Purtroppo, anche in alcune parrocchie lo spirito del mese missionario è venuto meno.  Ma con il passare degli anni il profumo e il sapore di quell’ottobre mese missionario non l’ho mai dimenticato. Per questo è stato un po’ come un tuffo al cuore tornare ad occuparmi e a scrivere di missioni (ieri per Lazio Sette, l’inserto domenicale di Avvenire); per questo è stato un grande tuffo al cuore incontrare ieri di nuovo, dopo tanti anni, una di quelle suore del De Mattias: mi ha subito riconosciuto (solo le suore maestre sanno riconoscere gli alunni anche dopo 20-30 anni) e mi ha ricordato la mia maestra suor Silvana. Alla quale 45 anni dopo devo ancora delle scuse per come pasticciavo con le forbici e la colla nel preparare i regalini per il mese missionario: ero negato, allora come adesso. Ma quei regalini li porto sempre dentro.

 

Fede e tradizione a Veroli

Tra fede e tradizione a Veroli, nel cuore della Ciociaria, a settembre si rinnova la processione dell’Addolorata. Con tutta una serie di particolarità che rendono unica questa affezione alla Madonna.

Ne provo a scrivere sul settimanale “Maria con te” ora in edicola (e affrettatevi, perché io ho dovuto girare tre edicole prima di trovarne una che non avesse già esaurito le copie).

Omaggio a Paolo VI

Oggi, nella memoria liturgica del Beato Paolo VI (dal prossimo 14 ottobre nella schiera dei Santi), le monache Carmelitane di Carpineto Romano inizieranno a dedicare a papa Montini i Vespri, come ulteriore segno di ringraziamento per una affezione particolare che lega papa Paolo VI al monastero. Oggi provo a scriverne su Avvenire.

Pregando col caffè

La cosa più bella del caffè bollente alle 5 del mattino – quando un po’ di caldo serve per mandar via il freddo della notte di un sonno di poche ore – è il profumo che poi resta per casa anche una o due ore dopo (tanto le finestre non puoi spalancarle, per non svegliare chi invece ancora dorme di gusto).

Starei a guardarlo per ore quel caffè, mentre sale sul beccuccio della macchinetta; e poi sgorga, piano piano ma con decisione, efficace.

Proprio come sale una preghiera al buon Dio, al mattino.

A Sutri, capitale dell’Arte (e bellezza di Dio)

Ieri a Sutri, nel cuore della Tuscia, è stato aperto il Museo di Palazzo Doebbing, con ben 10 mostre, allestite nel giro di appena un mese dal sindaco Vittorio Sgarbi.  Molto  bella, in particolare, la sezione “La bellezza di Dio”.

Se volete, provo a scriverne oggi su Avvenire.

( e andate in questo paese suggestivo, luogo dell’anima: avete tempo fino al 13 gennaio 2019).

Quell’oggi che è proprio oggi

Oggi serve un supplemento di tutto. Un supplemento d’anima, secondo le intenzioni così care a Paolo VI; un supplemento di carità, di misericordia, di speranza. Un supplemento di fede, di quella Grazia che è dono e che però va coltivata, altrimenti rinsecchisce e diventa inutile.

Oggi serve tutto questo, ma non per un “oggi” temporalmente vago (da oggi a un giorno indefinito, come tante intenzioni che poi restano solo tali), non “al giorno d’oggi” che iniziavi così il tema di terza media e la prof puntualmente lo cestinava.

No, il supplemento d’anima – e di tutto il resto – serve proprio oggi, giovedì 13 settembre. E poi al risveglio di domani 14 settembre. E a quello di dopodomani, 15 settembre…

Il seme di Rolando Rivi

Amo moltissimo, e non c’è sera che non rivolga anche a questo Beato la mia povera voce di preghiera, la figura di Rolando Rivi: seminarista, aveva appena 14 anni quando nel 1945 i partigiani comunisti lo uccisero barbaramente nei boschi del Reggiano, dopo tre giorni di indicibili torture. La “colpa” di quel ragazzino? Prepararsi a diventare sacerdote, amare Gesù (“Io sono di Gesù”, ripeteva spesso) sopra ogni altra cosa, indossare la talare anche in quel periodo in cui, a causa della guerra, il seminario dove studiava era stato chiuso.  E di quella talare i partigiani ne fecero straccio di pezze, lasciando il povero Rolando con la maglietta di lana preparata da sua mamma, pure questa ridotta a brandelli e insanguinata, e che oggi si può vedere e venerare come una reliquia.

<Apparteneva al Signore con tanto amore da suscitare l’odio di chi voleva cancellare Cristo dalla storia dell’uomo>, ha dichiarato di recente Emilio Bonicelli,  giornalista , scrittore e anima del Comitato “Amici di Rolando Rivi”, al collega Matteo Matzuzzi del Foglio.

Ho scritto molto su Rivi e ogni volta che trovo nuove notizie sul Beato Rolando (Papa Francesco lo volle tale pochi giorni dopo la fine del conclave, come uno dei primi atti del suo pontificato, e anche questo è un segno straordinario) provo una gioia immensa. Come questa mattina quando, aprendo il quotidiano Avvenire, ho trovato un bel reportage di Edoardo Tincani sul pellegrinaggio di centinaia di studenti sui luoghi di Rolando, per affidare proprio all’intercessione del Beato le fatiche del nuovo anno di studi. Lungo “Il Cammino di Rolando”, splendida iniziativa di cui mi ha parlato tempo fa con entusiasmo contagioso proprio Emilio Bonicelli, questi giovani sono arrivati a Marola, nella chiesa annessa al seminario dove il piccolo Rivi si preparava a studiare da sacerdote, prima di incontrare la furia dei partigiani di quelle terre, intrise di anticlericalismo assurdo, fino ad uccidere. A Marola la Messa è stata presieduta da mons. Massimo Camisasca e ancora una volta il presule ha usato parole di assoluta vicinanza al messaggio di Rolando, e dunque al cuore di ognuno: «Siamo qui per trovare risposta alle domande di verità e di felicità che portiamo nel cuore. Desidero che da Rolando abbiamo a imparare quello che è stato il cuore di tutta la sua breve e intensissima vita: la testimonianza a Gesù. In fondo di lui sappiamo poche cose, ma queste ci bastano. Portava l’abito talare non perché era un bigotto, non perché voleva isolarsi dalla vita. I suoi compagni, ancora oggi viventi, mi hanno raccontato che era sempre il primo a dire: “Andiamo a giocare a pallone”. Portava l’abito perché quello era il suo modo per dire: Gesù è vivo, Gesù mi ama, Gesù mi ha voluto suo. Questa che è stata anche la causa prossima del suo martirio è il messaggio, anzi, il mandato che oggi ci lascia: siate testimoni di Gesù».

Peraltro, sono rimasto sempre colpito dal fatto che monsignor Camisasca, da uomo di autentica fede e cultura qual è, ebbe ad occuparsi di Rolando Rivi quando ancora la storia del ragazzino la conoscevano in pochi, per poi ritrovarlo così vicino anche geograficamente alla Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla di cui è stato voluto vescovo.

Una attenzione particolare che Camisasca ha esplicitato anche con la fondazione di una casa di Memores Domini proprio a Castellarano, vicino al santuario dedicato al Beato Rivi.

Il seme di Rolando (della cui figura mi sto anche occupando in una sorta di biografia romanzata che vorrei terminare quanto prima) continua insomma ad infiammare tanti giovani ed è un dovere anche per i “grandi” ri-scoprirlo, proprio per essere guide migliori e degne. A tal proposito, esiste già una discreta bibliografia, con opere dello stesso Bonicelli, di Andrea Zambrano, Paolo Risso, un docufilm di Riccardo Denaro, introdotto proprio da Camisasca e Bonicelli con libretto accluso (sul sito di Itaca lo reperite con facilità) , oltre ad uno spettacolo teatrale che Davide Giandrini, che lo ha scritto e lo dirige, sta portando in giro per l’Italia.

Tanti auguri (a me)

Sto ricevendo ancora tanti auguri, nel giorno del mio compleanno. Moltissimi sono auguri che qualcuno definirebbe solo “virtuali” perché espressi attraverso i social; ma non li disdegno, anzi: in tanti di questi messaggi c’è comunque un pensiero personale, sempre piacevole: si capisce che chi è dietro la tastiera di un pc o di un telefonino comunque si è fermato un minuto per te, solo per te.

E tutti ringrazio, ad iniziare dagli amici più cari che invece hanno speso una telefonata diretta o una visita personale.

A tutti “grazie” ma davvero, di cuore: in un momento poco facile del mio percorso di vita, tutto questo è comunque una Grazia.

E stamattina, appena uscito di casa, uno splendido arcobaleno mi ha salutato: anche dal Cielo mi hanno fatto gli auguri.

 

 

Mio padre e Lady D.

In queste ore, come ogni anno nell’anniversario della morte, fiumi di inchiostro e decine di servizi tv su Lady Diana. Piaceva tanto a mio papà Lady D, assieme a Marylin Monroe, e non ho mai capito perché (pur condividendone la scelta). Anzi, mi accorgo ora di non averglielo mai chiesto, come tante altre cose: l’avarizia nei rapporti padre e figlio dovrebbe essere considerata peccato mortale e la legge dovrebbe punirla con l’ergastolo.

Anche oggi, quindi, avrei portato a papà tutti gli articoli che trovavo su Lady D., lui li avrebbe ritagliati per bene e messi nella sua colorata cartellina con l’intestazione “Lady Diana”.

Un giorno andrò ad aprirle tutte quelle cartelline: sarà un po’ come risentire la voce di papà. E tutte le parole non dette.