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Oggi è San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti…

… e allora auguri a noi e a quel bambino che “da grande voglio fare il giornalista”, perché grandi e giornalisti lo siamo diventati. E, tutto sommato, ne è valsa la pena.

Auguri a noi, che forse festeggeremo per l’ultima volta, visto che questo mestiere lo stanno distruggendo.

Auguri a noi, che ancora ci alziamo presto e tiriamo fino a tardi per l’ultima notizia.

Auguri a noi, che chissà se questo mese lo stipendio arriva o che uno stipendio non ce lo abbiamo più.

Auguri a noi, per quelle 12-14 ore dietro al computer, per un articolo e per l’importo lordo di 12-14 euro (quando e se va bene).

Auguri a noi, trent’anni di lavoro e un futuro incerto.

Auguri a noi, che ogni tanto rientriamo a casa e troviamo mogli, mariti e figli ad aspettarci ancora in piedi.

Auguri a noi, che abbiamo studiato per anni, che ci aggiorniamo un giorno sì e l’altro pure.

Auguri a Giancarlo, a Walter, a Ilaria e a tanti altri che per questo mestiere sono morti.

Auguri a noi, perché ancora ci dicono che rappresentiamo “il quarto potere” e invece non abbiamo più neppure il potere di aprire mezza porta. O di respingere quelle che ci chiudono in faccia.

Auguri a noi, che la suola di mille scarpe l’abbiamo davvero consumata cercando notizie, fatti, persone.

Auguri a noi e ai taccuini riempiti e alle biro svuotate.

Auguri a noi, che ci chiamano pure “giornalai” pensando di offenderci, e invece siamo onorati dell’accostamento ad una categoria di altri grandi lavoratori (che pure stanno distruggendo).

Auguri a noi e a quel bambino che “da grande voglio fare il giornalista”, perché grandi e giornalisti lo siamo diventati. E, tutto sommato, ne è valsa la pena.

 

Auguri agli uomini “nuovi”

E se in questo 2020 riuscissimo ad abbandonare tutto
il vecchio che c’è dentro di noi?
Serve quel “coraggio della fede” tipico dei giovani
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Un anno nuovo o un nuovo anno? Non è solo un
gioco di parole, perché è del “nuovo” che abbiamo
davvero bisogno, a cominciare da noi stessi:
“Vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete
rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena
conoscenza, ad immagine del suo Creatore”.
Gli auguri per questo 2020 proviamo a farveli (e a farceli)
proprio così. Oppure, passando dalla Lettera ai
Colossesi a quella agli Efesini, con queste altre parole:
“Dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di
prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici.
Dovete rinnovarvi nello spirito della
vostra mente e rivestire l’uomo nuovo”.
Immaginiamo la reazione del lettore: troppo difficile.
In effetti, è proprio così: abbandonare l’uomo
vecchio… ma chi ce lo fa fare? Stiamo così bene nei
nostri egoismi, al calduccio delle nostre case senza
curarci di quello che succede al di là del pianerottolo;
perfino nelle parrocchie è più comodo far ragionare
tutti come ragiono io, e se la pensano diversamente –
parroco compreso – ma chi se ne importa… Ecco,
questo è l’uomo vecchio che (s)ragiona così. E
abbandonarlo significa mettere da parte
autoreferenzialità e personalismi, come ha invitato a
fare il vescovo di Anagni-Alatri Lorenzo Loppa nel corso della recente veglia dei giovani a Fiuggi .
Ma davvero è così difficile abbandonare uomo vecchio,
egoismi e falsità? Forse manca solo un po’ di
coraggio, quel <coraggio della fede> che papa
Francesco ha indicato ai giovani durante un incontro
nella Cattedrale di Yangon, in Myanmar. E che magari
non solo ai giovani potrebbe restituire entusiasmo.
E allora: buon anno nuovo, buon nuovo anno.