Le ultime lezioni… non finiscono mai

Di nome sì che lo conoscevo Giovanni Montanaro, nel senso che su di lui avevo letto cose “altre”, ovvero parole di considerazione da parte di critici e recensori che amo seguire. Ma direttamente no, ancora niente di suo avevo letto, prima di questo piacevole, sorprendente “Le ultime lezioni”, edito da Feltrinelli (euro 15).

Dire che l’ho letto in una giornata è dire poco: ne è bastata una mezza o poco più di giornata, compresi due viaggi in treno da e per Roma, interminabili per via di tutte le fermate (comprese quelle dove continua a non salire o scendere anima viva) e col rumore delle parole del libro a placare quella dell’aria condizionata, che non sortisce alcun risultato se non quello di tempestare le orecchie dei poveri viaggiatori (lettori e non lettori).

E’ la storia di Jacopo e di un suo prof, il Costantini, che il ragazzo ha la fortuna di avere al liceo, anche se solo per un anno. Eppure quei pochi mesi bastano per lasciare il segno, sia nel discente che nel docente: il primo farà di tutto per ritrovarlo, dopo che il prof, una volta morta la moglie, si ritira nell’isola veneziana di Sant’Erasmo. Jacopo imparerà ad assorbire tutta la vita che c’è da quell’uomo, perfino dalla poca vita di quella figlia. E quel ragazzo, poi avviato verso una bella carriera da manager su ambiti economici più che letterari, farà di quell’isola – ma soprattutto dei suoi due abitanti – il suo rifugio: l’isola che c’è (con un finale a sorpresa, che ovviamente non va svelato).

La scrittura di Montanaro è sapidamente nervosa, a scatti per alcuni tratti, ma ammaliante per tutto il resto del tragitto del libro.

La Venezia che conosciamo e che non conosciamo, fa da contraltare a queste pagine, e finisci per innamorarti (pur continuando a preferire la laguna raggiunta da Malcontenta) anche del paesaggio assai riservato di Sant’Erasmo.

In ricordo di un Amico

Ieri sono stato ad un convegno sulla santità laicale: figure straordinarie di giovani, di studenti, di mamme, papà e professionisti che hanno santificato il loro vivere, nella quotidianità. Mentre i relatori parlavano, a me ogni tanto (spesso…) tornava in mente la figura del mio amico Gianni Astrei, a 10 anni esatti dalla nascita al Cielo. E pensavo: la santità della porta accanto, come dice papa Francesco, è proprio quella che ha vissuto Gianni. Sposo e padre esemplare, professionista come pochi altri, a me aveva fatto il dono dell’Amicizia. E solo lui sapeva donarla, senza nulla chiedere e tanto meno pretendere.

Per un periodo – purtroppo breve ma davvero intenso – ci siamo frequentati, tra la preparazione del primo Fiuggi Family Festival e la presentazione di alcuni libri. Ma era nei momenti “ordinari” che Gianni lasciava esplodere tutto il Bene che aveva dentro: se gli chiedevi un consiglio sui rapporti con tuo figlio, lui c’era; per un’emergenza lavorativa, sapeva come aiutarti; perfino in vista di una consultazione elettorale – lui che della Politica aveva fatto davvero un Servizio – riusciva a trovare la direzione giusta. La bussola che aveva, d’altro canto, era quella dell’Amore, la sola che non smarrisce mai la strada.

Potrei raccontare decine di episodi, ma il groppo in gola, ancora oggi, 10 anni dopo, è di quelli che non ti fanno andare avanti. E comunque, l’immagine che più mi torna in mente è quella che non ho visto, ma che sento vicina più di ogni altra: mi hanno raccontato che, mentre giaceva in fondo a quel crepaccio, con le ultime forze che gli restavano, Gianni chiese ad un parente, al telefonino, di recitare insieme il Rosario: nella tristezza, mi consola il fatto che sarà entrato in Paradiso accompagnato direttamente dalla Madre Celeste.