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Il bello della Fede (quei sacerdoti morti per il Covid)

Questo è il mio editoriale per l’ultimo numero del mensile diocesano “Anagni-Alatri Uno” che ho il privilegio di dirigere:
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La triste contabilità dei preti, dei religiosi e delle suore morte per Covid si fa sempre più drammatica: 500 solo in Italia, decine di migliaia in tutto il mondo. Tanti “uomini di Dio” che, proprio come i monaci francesi massacrati dal terrorismo islamista in Algeria, mai si sono fermati pur sapendo a cosa probabilmente andavano incontro: un virus invisibile ma letale o le armi spianate.
E’ il bello della Fede, anche se può sembrare azzardato accostare bellezza e morte: ma è quella bellezza che si fa “ricchezza”, praticata da chi decide di non avere più niente per avere tutto.
Anche come Chiesa locale abbiamo pagato un tributo già alto: padre Maurizio Di Girolamo, nel novembre scorso, don Luigi Verdecchia un mese fa. Due splendide figure di religiosi che non indossavano solo l’abito dei Cappuccini e dei Salesiani, ma soprattutto quello della carità.
Tutto ad Alatri parla dell’opera caritativa di padre Maurizio, del suo Banco alimentare per aiutare tante persone. E per tutti era una figura di riferimento, come ci hanno riferito anche alcuni “lontani”, ovvero persone senza il dono della Fede e che hanno in uggia la Chiesa, ma che ammiravano quel frate umile (anche se di cultura vasta, di cui però non faceva sfoggio) e il lui trovavano sempre un aiuto.
Don Verdecchia mezzo secolo fa aveva lasciato la sua Guarcino (pur mantenendo un legame fortissimo con la sua terra d’origine) per farsi povero tra i più poveri della periferia di Caracas, in quel Venezuela che ora sta conoscendo una crisi senza fine, non determinata solo dal Covid. Ma don Luigi c’è sempre stato, anche quando le mascherine non si trovavano o il governo consigliava di lavarsi per bene le mani, ma loro neppure l’acqua avevano. Era partito giovane per una terra di missione “Luigino”, come lo chiamavano a Guarcino quando tra bambini si litigava per ottenere il privilegio di “servire la Messa” dell’alba. Altri tempi: allora i ragazzi bisticciavano per fare da chierichetto, oggi si accoltellano per noia. Ecco, magari a questi ultimi servirebbero proprio gli esempi di padre Maurizio e di Luigino, anche se qualche bel segnale di speranza arriva. Prendiamo ad esempio i nostri ragazzi della pastorale giovanile e vocazionale: stanno portando avanti un lavoro straordinario di riflessione sui temi della vita, mostrando una maturità che va oltre i 20-25 anni. Anche per questo ogni mese dedichiamo loro degli spazi appositi e mai ci stancheremo di sottolineare l’opera meritoria che il vescovo Lorenzo Loppa continua a portare avanti mettendo l’Educazione (la maiuscola è voluta…) al centro dell’azione pastorale.