Le chiese di Danilo Lisi e i ricordi attorno (e dentro)

Oggi su Avvenire, a pagina 3, un intenso articolo di Leonardo Servadio racconta la nascita della chiesa di San Paolo a Manila, nelle Filippine, opera dell’architetto frusinate, amico e concittadino, Danilo Lisi. Una chiesa costruita dai poveri, laddove sorgeva una “montagna fumante” di rifiuti; una “casa comune” che in quella zona poverissima della povera Manila ha ridato speranza ad una comunità. E’ una storia molto bella, di riscatto e, per l’appunto, di speranza, e sono ben lieto che Danilo ne abbia la sua parte. Ci conosciamo da tanto tempo con Danilo e non di rado abbiamo condiviso il pendolarismo con Roma, dove lui insegna, con belle chiacchierate in quell’ora e passa di sferragliare del treno: sempre l’ho sentito appassionato, innamorato del suo lavoro. E devo molto a Danilo Lisi perché anche a Frosinone ha lasciato il segno mirabile della sua opera appassionata e appassionante, con la progettazione delle chiese parrocchiali di San Paolo Apostolo (bellissima questa coincidenza anche nel nome con la chiesa di Manila!) e di Santa Maria Goretti. Non sono un esperto di architettura e, anzi, per dirla tutta, non ne capisco un accidenti, per cui ogni volta che mi trovo davanti ad un’opera del genere, come a un quadro o ad una scultura, il mio metro di giudizio è “bello” o “non mi piace”. E le due chiese frusinati sono belle (confesso all’amico Danilo che qualche volta ho bisticciato con un paio di altri amici, credo comuni, che erano di parere contrario) ma soprattutto “importanti”. Una importanza che Danilo, ovviamente senza saperlo, ha saputo cogliere con il suo segno architettonico sacro.

Iniziamo dall’enorme affezione per San Paolo, “la chiesa dei Cavoni”, come la conosciamo noi: la prima pietra venne benedetta da San Giovanni Paolo II e adesso sorge proprio sulla spianata dove il papa  polacco, cinque giorni dopo l’attentato alle torri gemelle di New York, celebrò Messa durante la sua visita pastorale a Frosinone. E allora, come non essere affezionati a questa chiesa? Ma aggiungo altro, forse una sciocchezza: ora quello è un quartiere densamente abitato, ma a metà anni ’70 c’erano poche case e una di quelle era la mia: con pochi altri amici scendevamo ogni pomeriggio dalla vicina Polledrara per andare a giocare proprio lì, su quell’immenso prato dove ora sorge la chiesa e tutto intorno adesso palazzi, negozi, scuole… Eco perché, ogni volta che entro in San Paolo per pregare, o per una conferenza nell’adiacente auditorium diocesano, mi vengono alla mente quella volta con Giovanni Paolo II (ebbi anche l’occasione di abbracciarlo e di scambiare due parole con lui) e… le interminabili partite a pallone dell’adolescenza.

Mi piace anche, e tanto, la chiesa di Santa Maria Goretti, al centro di un altro quartiere popolare di Frosinone, con il suo campanile “sinuoso” e quell’interno che regala pace. Anche per questo luogo l’affezione è doppia: dopo tanti bravi parroci, da don Sosio Lombardi al volto televisivo di don Dino Mazzoli, di recente il vescovo Spreafico ne ha affidato la cura pastorale ai preti di Nuovi Orizzonti, comunità a cui sono particolarmente affezionato per il legame di amicizia con don Davide Banzato; nel giardino di questa chiesa, inoltre, un paio di anni fa è stata indegnamente posta anche una piccola roccia con una mia poesia, dopo un concorso letterario.

Ma tutti questi ricordi non sarebbero nulla se Danilo Lisi non vi avesse “costruito attorno” segni del sacro così “belli”.