Che delusione il Sud della Laurito

La serata a teatro è stata sì piacevole, ma per la bella gente incontrata prima, durante e dopo, e le folate di aria fresca dalle alture ciociare. Perché poi, di teatro, s’è visto davvero pochino. Non certo per demerito dell’ iniziativa “Teatro tra le porte” (una rassegna all’aperto e gratuita voluta dal Comune di Frosinone anche come rilancio del centro storico) quanto piuttosto per il fatto che lo spettacolo proposto ier sera ha davvero deluso le aspettative: “Nuie simmo d’o’ Sud” con Marisa Laurito ha “regalato” un’oretta di noia e pochi spunti artistici, a parte l’esibizione di Charlie Cannon, artista dell’Alabama da decenni in Italia (ha scritto anche per grandi cantanti ed è stato vocalist dell’ultimo tour europeo dei Platters) che da spalla dell’artista napoletana in realtà in diversi frangenti è andato a prendersi tutta la meritata scena.

Lo spettacolo si proponeva come un viaggio nel Sud d’Italia – forse anche con la pretesa di investire i Sud del mondo – attraverso canzoni e monologhi della Laurito, tra la strabordante canzone napoletana e contaminazioni d’oltre Oceano Ma, fatto salvo il giusto e commosso tributo all’amico di sempre Luciano De Crescenzo, la signora Laurito è apparsa giù di tono, complice anche una scenografia misera; immaginiamo che lo spettacolo “vero” abbia un’orchestra e qualche cambio di scena, ma ieri sera, oltre alla Laurito e a Cannon, sul palco solo il bravo Maestro Marco Persichetti al pianoforte.

La Laurito ha cantato dall’inizio alla fine, ma forse senza scaldare la voce, il cui timbro – peraltro impostato ma non originalissimo – ha dato il meglio solo dopo una mezzora abbondante di repertorio.

Anche i – pochi – testi, sono sembrati di una scontatezza unica e di una povertà lessicale a tratti anche imbarazzante per chi stava lì ad ascoltare. Testi che peraltro sia la Laurito che Cannon hanno fatto mostra di leggere continuamente, forse perché lo spettacolo non veniva rappresentato da tempo, per ammissione della stessa artista napoletana. L’impressione di chi scrive è che lo spettacolo non si sia neppure immerso nel contesto in cui è stato rappresentato: certo, non sei tenuto a sapere che Frosinone pullula di lavanderie a gettone, ma se mi fai la battuta sui panni stesi, poi ti tieni il silenzio glaciale che ne consegue (stesso dicasi per le battute sul calcio, che almeno hanno risparmiato ai presenti il coretto del Maradona è meglio ‘e Pelè).

Altri due esempi: il “pistolotto” iniziale sui luoghi comuni del Sud, lodevole nelle intenzioni, è stato un susseguirsi di… luoghi comuni. E l’intermezzo dedicato al grande Luciano De Cresenzo, con una miscellanea di citazioni e battute divertenti, è andato a pescare nello scontato e strasentito.

Il numeroso e inizialmente ben disposto pubblico, lo abbiamo visto andar via in gran parte deluso, dopo essersi raramente (diciamo 100-150 spettatori su quasi duemila presenti) lasciato trascinare dai battimani sui motivetti più noti del repertorio napoletano.

Ovviamente la signora Marisa, fermo restando che con la sua carriera non ha bisogno di dimostrare niente, merita una prova e un spettacolo d’appello. Magari ne riparliamo a “Teatro tra le porte” del 2020.

 

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